mercoledì 2 novembre 2011

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«Domani partirò per chissà dove, quasi certo per andare alla morte. Quando tu riceverai questa mia, io non sarò più. Forse tu non comprenderai questo, non potrai capire come non essendo io costretto sia andato a morire sui campi di battaglia. Addio, mia madre amata.... Perdonami dell'immenso dolore ch'io ti reco e di quello ch'io reco al padre mio e a mia sorella, ma, credilo, mi riesce le mille volte più dolce il morire in faccia al mio paese natale, al mare nostro, per la Patria mia naturale, che il morire laggiù nei campi ghiacciati della Galizia o in quelli sassosi della Serbia, per una Patria che non era la mia e che io odiavo. Addio mia mamma amata, addio mia sorella cara, addio padre mio. Se muoio, muoio coi vostri nomi amatissimi sulle labbra, davanti al nostro Carso selvaggio». 


Questa struggente e meravigliosa lettera pubblicata sul Corriere di ieri fu scritta nel 1915 da un giovane italiano, Alessandro Bergamas, che sacrificò la sua vita per la libertà ed il futuro del suo paese, l’Italia. Ci sono stati (in verità pochi) momenti nella storia recente del paese in cui tutti ci siamo sentiti un unicum, un popolo, una causa comune. E’ per questo che Pierluigi Bersani di li a poco ha telefonato al vero segretario del PD, Napolitano, per dire che lui era pronto a fare la sua parte... Non per l’Italia cui ai politici nostrani poco o nulla importa, ma per fottere Berlusconi e portare a termine l’unico punto programmatico del partito di sinistra più sfigato della Via Lattea.

Intendiamoci, il Governo è impresentabile, dannoso, inutile, ostaggio di veti e ricatti costanti. Purtroppo Bersani e la sua combriccola di cariatidi lo è ancor di più. Bersani, se non lo capisci ti facciamo i disegnini, ma la BCE ha chiesto all’Italia di fare riforme leggermente diverse e più incisive di quelle che tu e la Camusso avete in testa. Su quella lettera non c’era scritto “Berlusconi si deve dimettere”. Caro Bersani questo dovrebbe essere il momento della responsabilità, non delle comiche.

Di fronte a questo dramma che coinvolge tutti nessuno escluso e dall’esito positivo tutt’altro che scontato,ballare la danza macabra non è galante. E’ da incoscienti, da idioti, da vigliacchi, da fuori di testa. Invece di stringerci attorno alle istituzioni, Governo e Presidenza della Repubblica in primis e di difendere la patria da questo cataclisma finanziario vi comportate in maniera vergognosa ed irresponsabile dando ragione al Metternich che due secoli fa ci definì un’espressione geografica e non una nazione.

Caro Berlusconi, questo è il momento del colpo di reni finale. Al diavolo Pisanu e Scajola, al diavolo Bossi ed i suoi pensionati intoccabili, al diavolo il galateo istituzionale, al diavolo i salotti buoni della finanza e le fighette di Confindustria, al diavolo gli intellettuali al cachemire che infestano l’aria, al diavolo questi sindacalisti reazionari.
Tiri fuori le palle, ci metta la faccia e vari quelle riforme per cui si è sempre battuto e che questo sistema marcio sino al midollo ci ha sempre negato. Siamo noi giovani a chiederlo, siamo noi a pretendere un futuro che quelle facce lassù ci vogliono negare ad ogni costo.

Per Lei caro Presidente non ci sono alternative, questo è un biglietto di solo andata. E se va a fondo Lei qui affoghiamo con buona probabilità tutti quanti.

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